
Ogni tanto mi capita di cominciare a seguire quello che un pezzo di musica racconta, può essere il testo o possono essere circostanze, eventi, persone che ruotano nella sua orbita. Dato che nella vita le cose non sono mai casuali, finisco per incontrare qualcosa che mi tocca.
Questa è una piccola storia in cui entrano il senso dell’ironia che mi ha fatto innamorare dello Swing, la capacità di essere creativi anche nei momenti di difficoltà, la gratitudine perchè esistono persone con un cuore grande capaci di atti di reale generosità. E se penso al ballo, ironia, creatività e generosità sono le caratteristiche che amo incontrare sulla pista.
Partiamo da un pezzo composto nell’Ottobre 1939 da Charlie Barnet, poco prima del suo compleanno, che ricorre il 26 del mese.
“Oh Palomar! Oh Palomar! Oh… Palomar!” si sente chiamare: non si tratta di una donna, ma della mitica sala da ballo californiana in cui suonano grandi nomi dello Swing con le loro Big band, da Benny Goodman a Tommy e Jimmy Dorsey, da Glenn Miller ad Artie Shaw.
Da qui negli anni Trenta viene trasmessa alla radio la musica che sta diventando ogni giorno più nota anche sulla West Coast degli Stati Uniti.
Il locale è decorato in stile moresco e può ospitare 20,000 persone offrendo cibo, musica e una pista per 4.000 coppie di ballerini: un grande sogno danzante in pieno stile Hollywoodiano!
Nell’ottobre del 1939 si attende un evento storico: per la prima volta alla Palomar Ballroom si superano le norme razziali offrendo un ingaggio ad una formazione nera, quella di Count Basie.
Intanto, i primi giorni del mese, l’orchestra in cartellone è quella di Charlie Barnet, “la più nera delle orchestre bianche”. Nel repertorio compaiono, tra gli altri, arrangiamenti di diversi pezzi di Basie, che Barnet ammira e a cui ha appena dedicato il bellissimo brano “The Count’s Idea”.
Il due ottobre, mentre la band di Barnet è in pausa, iniziano a divampare le fiamme nel locale. Vengono chiamati i pompieri, che però sbagliano indirizzo. Quando finalmente arrivano trovano l’intero edificio ormai raso al suolo.
Non ci sono vittime nell’incendio, ma il fuoco distrugge gli strumenti musicali, le attrezzature e tutti gli spartiti.
Di fronte a questa tabula rasa Charlie Barnet tira fuori l’ironia per cui era conosciuto e, insieme al suo trombettista, arrangiatore e amico Billie May, compone un pezzo per “commemorare” l’esperienza indimenticabile: il 9 ottobre, una settimana dopo il disastro, la band incide “Are We Burnt Up?”, “Siamo completamente bruciati?”
Count Basie, arrivato a Los Angeles, va a suonare al Paramount, e offre gli arrangiamenti dei suoi brani. Scriverà nella sua autobiografia Good Morning Blues: “Appena ho saputo di tutta la musica che Charlie Barnet aveva perso, gli ho fatto fare una copia di qualsiasi spartito potesse utilizzare.”
Barnet chiama a raccolta i suoi musicisti per ricomporre, pezzo per pezzo, tutto il repertorio che è andato perduto. La band risorge, letteralmente, dalle ceneri e vive un periodo di grande successo.